La grande minaccia

Minha terra tem palmeiras,/Onde canta o Sabiá;/As aves, que aqui gorjeiam,/Não gorjeiam como lá.
(La mia terra ha palme/dove cantano i sabiá/gli uccelli che qui gorgheggiano/non gorgheggiano come là)

Canção do Exílio, di Antônio Gonçalves Dias (poeta brasiliano, 1823-1864)

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Il Brasile è una terra ricchissima, di animali, piante, ecosistemi. Il Brasile è una terra fragile, in cui la minaccia ambientale è un’emergenza continua. E’ passato un anno dal terribile disastro che ha contaminato irrimediabilmente il rio Doce, in Minas Gerais. E le cattive notizie sullo stato della foresta amazzonica sono quotidiane. Ci sono però anche tentativi di resistenza, iniziative che potrebbero sembrare gocce nel mare ma sono invece piccoli, importantissimi, appigli di speranza.
Per esempio, il progetto Jacutinga che ha reintrodotto l’uccello omonimo nella “mata” atlantica, l’unico habitat al mondo in cui ne fosse stata registrata la presenza. Il disboscamento e la caccia ne avevano praticamente causato l’estinzione. Oggi, grazie a un progetto di Save Brasil, nove esemplari nati in cattività sono stati liberati nella Serra da Mantiqueira, nello stato di Sao Paulo, dopo essere stati sottoposti a un processo di riadattamento alla vita in libertà. I biologi hanno insegnato loro ad alimentarsi nella foresta e a riconoscere i predatori. Nel circolo virtuoso della natura, ora le jacutingas volano libere in un’area di vari chilometri e contribuiscono al rimboschimento mangiando frutti e disseminandone i semi.
La jacutinga è solo una delle specie animali minacciate in Brasile. Nel sud est del Paese, nella pianura alluvionale del Pantanal (Mato Grosso), la più grande del mondo con i suoi 170 mila e 500 km quadrati (ovvero la superficie di Belgio, Olanda, Portogallo e Svizzera insieme) e 4 mila e 700  specie tra piante e animali selvaggi, a rischio sono la onça-pintada (giaguaro), il tamanduá-bandeira (formichiere gigante), il tatu-canastra (armadillo gigante) e l’arara-azul-grande (ara giacinto).
La grande minaccia che tiene l’intero Pantanal sotto scacco riguarda l’agricoltura estensiva (soprattutto soia), con conseguente il disboscamento, e la realizzazione di infrastrutture dall’impatto devastante. Una situazione che si è aggravata negli ultimi cinque anni, che hanno registrato l’arrivo di un gran numero di agricoltori provenienti da tutto il Brasile, conosciuti come “fazeinderos do asfalto” perché, diversamente dai contadini locali, preferiscono insediarsi nelle città della zona, invece di vivere nelle loro proprietà.
Attratti dalle terre a basso costo (i prezzi in Pantanal sono convenienti a causa della mancanza di infrastrutture), non intrattengono un legame personale né familiare con la regione e non si fanno scrupoli nell’uso di tecniche, prodotti chimici e macchine tipiche dell’agricoltura estensiva, che diviene così uno dei principali fattori di minaccia per la preservazione del bioma “pantaneiro”. Secondo dati del WWF brasiliano, circa il 30 per cento delle sorgenti che alimentano il Pantanal corrono rischio ecologico e richiedono azioni urgenti. In particolare, un progetto ad alto impatto ambientale minaccia l’ecosistema della zona: si tratta di un’idrovia che dovrebbe collegare Brasile, Argentina, Bolivia e Uruguay, destinata al trasporto dei prodotti agricoli per il mercato internazionale, che modificherebbe il corso, tortuoso, del rio Paraguai provocando danni incalcolabili. Purtroppo non esistono leggi specifiche di protezione del Pantanal. Il Codigo Forestal del 2013 ha diminuito fortemente l’area di preservazione intorno alle sorgenti dei fiumi, pregiudicando così la sopravvivenza di habitat come il Pantanal. Per questo, è più importante che mai sostenere i gruppi di attivisti che stanno lottando per far approvare una legislazione specifica, studiata appositamente per la regione. Due indirizzi, per cominciare: Instituto Homen Pantaneiro e Centro de Pesquisa do Pantanal.

(Nella foto, una jacutinga, dal sito Savebrasil.org)

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