#blackyouthalive. Giovane, nero, vivo. Giovane, nero, morto. #blackyouthalive è l’hashtag lanciato da Amnesty International in vista delle Olimpiadi 2016. Perché da quando Rio De Janeiro è stata scelta per ospitare i Giochi, più di 2500 persone sono state uccise nelle strade della città. Una violenza che ha colpito, soprattutto, i giovani di colore.
Era il 2007 quando il Brasile ospitò i Giochi panamericani, il 2014 quando spalancò le porte ai Mondiali di calcio. Tra pochi mesi, tornerà alla ribalta con la XXI Olimpiade. In tutte le 3 occasioni, Amnesty International ha raccontato la stessa storia, una storia fatta di violazioni dei diritti umani da parte delle forze dell’ordine. Sfratti coatti per fare spazio a nuove infrastrutture e impianti sportivi; lavori forzati e sfruttamento, soprattutto nel settore edile. Restrizioni del diritto alla libertà d’espressione e di manifestazione pacifica, spesso sfociate in detenzioni arbitrarie.
Va detto che per diversi anni si è registrato un numero in calo degli omicidi legati a interventi di Polizia nello Stato di Rio (tra 2007 e 2013, quando passarono da 1330 a 416). Il 2014, anno della Coppa del Mondo, li ha fatti risalire a 560, e non s’arresta: nel 2015 si sono contate 645 vittime, nella maggior parte dei casi giovani neri, quasi sempre di favelas o di altre aree a forte tasso di emarginazione. Tra di loro anche Roberto (16 anni), Wesley (25), Wilton (20), Cleiton (18) e Carlos (16), trivellati da 111 proiettili del 41° battaglione della Polizia militare. E il 2016? I primi 4 mesi di quest’anno hanno segnato un calo, in particolare tra gennaio e febbraio. Ma ora, con l’approssimarsi della fiamma olimpica, sono tornati a salire: in aprile, nella città di Rio, si sono contati 35 omicidi, 15 in più rispetto allo stesso mese del 2015.
“Quando nel 2009 furono assegnate le Olimpiadi del 2016, le autorità di Rio s’impegnarono a migliorare la sicurezza per tutti. Ma da allora in città abbiamo assistito a migliaia di omicidi da parte della polizia, su cui è stata fatta scarsa giustizia”, ha dichiarato Atila Roque, direttore di Amnesty International Brasile .
La condizione attuale del Brasile, l’impeachment di Dilma Rousseff, la salita al potere di Temer hanno reso il clima ancora più teso. Intanto, le autorità hanno annunciato il dispiegamento di circa 65mila poliziotti e 20mila soldati per proteggere lo svolgimento delle Olimpiadi. Su queste fondamenta si poggia la denuncia di Amnesty: perché i valori olimpici quali l’amicizia, il rispetto e la solidarietà cozzano clamorosamente con l’uso eccessivo e non necessario della forza. Perché le autorità brasiliane stanno venendo meno non solo alla promessa di rendere l’Olimpiade un posto sicuro per tutti, ma anche agli standard internazionali che regolano l’uso della forza e delle armi da fuoco.
Per tutte queste ragione, Amnesty International avanza una serie di richieste – che ci sentiamo di condivider – al governo dello Stato di Rio, alla Commissione di Sicurezza per Rio 2016, al Ministero di giustizia, alla Segreteria nazionale di pubblica sicurezza. Questi i punti:
Perché, come grida lo slogan di Amnesty, “Violence has no place in these Games”.
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