Brasile, le carceri come le strade. Dalle favelas escono solo schiavi a basso costo

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  • Gennaio 9, 2017
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Articolo di Mauro Villone per  “Il Fatto Quotidiano”

Non è solo la notizia delle rivolte in carcere con un inaudito numero di morti a sconvolgere, ma anche alcune delle modalità di esecuzione. Decapitazione ed estrazione del cuore della vittima. Non è molto diverso da ciò che avviene nelle favelas, dove altre modalità prevedono di ardere vive le vittime o di seppellirle vive, oppure darle in pasto vive ai coccodrilli. Una rabbia feroce che pervade tutti gli ambienti più poveri del paese e non solo. Anche la polizia è coinvolta in questa escalation di odio. Gli sbirri odiano i trafficanti che odiano altri trafficanti che odiano tutti. Il fallimento totale di un’intera società dove non funziona niente.

Se nasci in una famiglia povera rimarrai 80 su cento povero a meno che non entri nel traffico. Allora avrai un po’ di soldi fino a 25 anni, più o meno, quando una pallottola nella schiena porrà fine alle tue pene. Se cercherai, faticosamente, di uscire dai pasticci onestamente rimarrai comunque un ignorante destinato a fare più o meno lo schiavo per tutta la vita, tra un lavoretto così così e un altro.

Non ho la minima idea di come i governi federale e locale intendano affrontare il problema. Dal canto mio io credo che loro non abbiano la minima idea di cosa fare che non sia ulteriore violenza e repressione. Credo anche non abbiano la minima idea né intenzione di comprendere la situazione alla radice. Per loro, come per gran parte della società di ricchi e benestanti brasiliani, la gente delle favelas sono solo bestie da tenere sotto controllo e da usare come servi a basso costo.

Potrete sentire un esperto di qua e un altro di là che spiegano come la sociologia e poi la criminologia e poi la polizia e di qui e di là e di su e di giù, ma quello che avverrà non è altro che il continuare con la cronaca di morti ammazzati nelle carceri e per le strade. In Brasile spariscono letteralmente dalla faccia della terra 250.000 personel’anno, nessuno sa che fine facciano. Nessuno saprebbe comunque cosa fare. Le leggende metropolitane vagano tra traffico di organi, esecuzioni, regolamenti, stupri. Questi ultimi interessano perlopiù i bambini che spariscono i ragione di 50.000 l’anno.

E ormai non è che il Brasile sia peggio dell’Europa. Qui nessuno ti tira addosso un camion durante una festa, né esplodono autobombe. Semplicemente il mondo è diventato un posto pericoloso, se da una parte ti fanno fuori perché non sai il Corano a memoria dall’altra potresti uscire di casa e non tornarci mai più per una maledetta pallottola vagante con la quale pensavi che la tua vita non avesse niente a che fare.

Tanto per dare un’idea dell’infima situazione sociale con la quale si ha a che fare. Nel luglio scorso il fratello dell’ex-governatore di Rio de Janeiro Anthony Garotinho, Nelson Nahim, ex assessore di Campos de Goytacazes, è stato arrestato con altri quattro politici per stupro e sottomissione di bambini alla prostituzione e abuso sessuale. Ora si trovano nel complesso carcerario di Bangù a Rio. Circa 12 bambini tra gli 8 e i 16 anni di età erano stati sequestrati in una casa di Campos dove erano obbligati a consumare rapporti sessuali con adulti e a consumare droghe come cocaina, hashish, marijuana, crack ed ecstasy. Questo è l’ambiente con cui si ha a che fare in questo paese.

Di tutti i miliardi buttati via in corruzione, carceri, violenza e repressione, a nessuno viene in mente di spenderne qualcuno per aiutare i bambini a crescere in un ambiente un po’ meno degradato, dove un adulto non ti sistema prono per fare i suoi porci comodi, ma ti prende per mano per spiegarti cosa sia una pianta o semplicemente per spiegarti dove sei. Sì perché i bambini delle favelas non hanno nemmeno idea di dove esattamente si trovino. A dieci anni non sanno ancora fare 2×2. Non sanno cosa significhi parlare con qualcuno normalmente. Nel frattempo i figli dei benestanti fanno le loro sontuose feste con le serve negre, come nel periodo coloniale e hanno un corriere tra i poveracci che procura loro erba e coca proprio nelle favelas dove loro, laureati, non ci metterebbero piede neanche morti.

So tutte queste cose poiché ci lavoro dal mattino alla sera e il Comune di Rio, tanto per fare un esempio, ormai da anni ci ha tolto anche le merende per i bambini, unico contributo che si è degnato di conferire per pochi anni.

Uno dei problemi che abbiamo nella favela dove operiamo è cercare di tenere lontani i trafficanti il più possibile senza rischiare seriamente la pelle, che non vale un accidente. Questa la realtà dei fatti. Non mi facciano ridere, che non c’è assolutamente niente da ridere. Inutile strabuzzare gli occhi davanti a quasi cento morti sgozzati in due carceri. Quella non è che la punta romantica e mediatica di un iceberg inquinato e sporco fino alla radice.

Amen.

Foto @maurovillone

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