Caso Rousseff: l’impeachment che spacca in due il Brasile

Brasília - A presidente Dilma Rousseff em pronunciamento se manifesta com indignação sobre a aceitação do pedido de impeachment anunciado pelo presidente da Câmara, Eduardo Cunha ( (Wilson Dias/Agência Brasil)

Nella notte del 17 aprile 367 membri della Camera dei deputati brasiliana ha votato all’impeachment della presidente Dilma Rousseff, accusata di aver dichiarato il falso in bilancio nei conti dello stato del 2014 dai quali mancavano ben 106 miliardi di reais – circa 35 miliardi di euro secondo il cambio di allora. Tra i voti a favore anche quelli del Pmdb, partito di centro destra con un orientamento simile alla nostra ex democrazia cristiana, che di recente ha interrotto l’alleanza con il Pt (il partito dei lavoratori di Lula e della Rousseff) assestando alla “Presidenta” un duro colpo. La decisione finale spetta ora al Senato, al quale sarà sufficiente raggiungere la maggioranza semplice per condannare Dilma in via definitiva e sospenderla dalle funzioni presidenziali per 180 giorni.

Sarebbe ad ogni modo da ingenui ritenere che l’allontanamento della Rousseff possa porre fine ai problemi della classe dirigente brasiliana: anche Michel Tamer, il vicepresidente che andrebbe a sostituirla, é a rischio di impeachment per le sue stesse ragioni. E la lista dei nomi non termina qui.

La crisi politico-istituzionale che il Brasile vive in questi giorni getta luce ancora una volta su problemi di fondo da tempo irrisolti. La corruzione é il primo fra tutti. Dal 2013 più di 150 tra parlamentari e funzionari governativi sono stati accusati di abuso d’ufficio, corruzione e riciclaggio in seno all’indagine Lava Jato sulla Petrobras. Non c’è partito che non sia stato coinvolto nello scandalo e le investigazioni -seppur per certi versi discutibili – hanno avuto il merito di portare all’attenzione della stampa internazionale i molti scheletri nell’armadio dei membri alla dirigenza del Paese.

Quest’affare di impeachment si è di fatto trasformato in una caccia all’uomo che ben poco di vantaggioso porta alla nazione, mentre è evidente come gli accusatori siano fatti della stessa pasta, se non di una pasta peggiore, degli accusati. Eduardo Cunha, presidente della Camera dei deputati e leader del Pmdb (quello stesso partito che ha tradito Dilma all’ultima ora) è a sua volta a processo presso il Supremo Tribunal Federal, con l’accusa di aver ricevuto tangenti per un importo di 5 milioni di reais dopo aver supportato la Petrobras nell’acquisto di un giacimento di petrolio in Africa. Nonostante i conti svizzeri di Cunha e famiglia rivelino un tenore di vita che lo stipendio del deputato difficilmente riesce a giustificare, l’ex alleato di Dilma nega.

Oltre che un governo fragile e radicalizzato, la Rousseff lascia dietro di sé un’economia problematica. La crisi finanziaria del 2008, con il crollo dei prezzi delle materie prime edilma11 il calo delle esportazioni, ha messo in difficoltà quasi tutte le grandi economie emergenti, tra cui quella brasiliana. Il governo, peccando di scarsa lungimiranza, ha tardato a varare riforme volte ad accelerare la stabilizzazione del Paese, non esitando tuttavia a prelevare dalle casse dello Stato i fondi necessari a finanziare eventi di portata internazionale, il cui ritorno economico é ad oggi incerto.

Che la spaccatura ai vertici si rifletta sulle strade non è una novità, le manifestazioni e gli scontri delle ultime settimane lo hanno dimostrato chiaramente. Il popolo brasiliano ha seguito le votazioni per l’impeachment da maxi schermi installati nelle piazze, accogliendo ogni con urla di giubilo, in un’atmosfera del tutto simile a quella di una partita di calcio. E mentre il numero dei suoi sostenitori diminuisce di ora in ora la Rousseff, che già prima del voto aveva etichettato l’intera vicenda un colpo di stato senza armi, parteciperà oggi a New York ad un meeting con le Nazioni Unite dove denuncerà l’illegalità delle accuse a cui è soggetta. 

 

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